Le lettere

Tratto dal libro "FRIDA" di Sebastien Perez (testo), RIZZOLI 2016


L'incidente

Nasco così.

Sotto una pioggia d'oro che in un istante mi abbaglia.

Nell'odore di ferro caldo e nei fumi che mi irritano gli occhi, il sole si alza svelando un nuovo paesaggio.

Ecco la ragazza zoppa, distesa sul suolo meccanico.

Capisce allora di essere soltanto una crisalide che si sventra.

La vita l'abbandona mentre io mi sveglio.



Porto in me il suo passato.

Conserverò per sempre il suo dolore, quello della mia nascita.

Grigio. Gli alberi hanno perso le foglie e l'erba è secca.

Come un fiammifero che incendia questo arido scenario, alla mia mano è stato dato il potere di infiorarli con colori sgargianti.

Pieni di speranza. Rosso. Apro il mio cuore a questa nuova vita.



La medicina

«Fino a poco tempo fa, [...] ero una bambina che camminava in un mondo di colori [...]. Adesso abito un pianeta doloroso, trasparente, come di ghiaccio, ma che non nasconde niente

 

Mi preparavo a studiare i corpi e alla fine è proprio il mio corpo che m'insegna e organizza la mia vita. Mentre dipingo al ritmo dei miei dolori, dove il verde sfuma nel rosso sangue, io sono quello che vivo.

 

«Nella saliva. Nella carta. Nell'eclisse. In tutte le linee. In tutti i colori. In tutte le brocche. Nel mio petto. Fuori. Dentro - nel calamaio - nella fatica di scrivere. Nella meraviglia dei miei occhi - nelle ultime linee del sole (il sole non ha linee). In tutto.

Dire in tutto è stupido e magnifico



La terra

La terra. Nostra madre. Ne amo la pelle d'argilla e le lacrime di vita.  A ogni suo alito, effluvi di cacao amaro invadono il mio essere. Me ne sto rintanata nelle profondità dei suoi ricordi.

Da lì attingo la forza per aprire gli occhi. La mia anima è nuda.

 

«Non conosco casa più triste della mia

 

Blu. L'acqua s'insinua nelle screpolature della terra arida. A volte rido. A volte soffro. Non c'è ala che mi permetta di spiccare il volo. Ho i piedi troppo radicati nel suolo. Ogni passo mi porta inesorabilmente qui. Qui.  In « questa oasi di noia che diventa così bella da lontano».

 

La corteccia si spacca e la linfa gronda fino a terra. La vita non è altro che un ricominciare.



La fauna

Granizo, mio cerbiattino. Mio ragnetto, mia scimmietta, mio Changuito (nome di una delle scimmie). Avverto la tenerezza nei loro sguardi e le carezze che mi fanno. Guardando le loro capriole e piroette così piene di vita, sento il mio corpo da statua indolenzito, ed è così bello.

 

I miei cani, i miei Itzcuintli (cani privi di pelo dalla pelle nera originari del Messico) , i miei compagni dalla pelle nuda di carbone.

Il soffio del loro muso umido mi asciuga gli occhi. Con un colpo di lingua, diluiscono il sangue delle mie piaghe e alleviano i miei mali.

 

I loro corpi vigorosi riscaldano questa casa così fresca nonostante il sole radioso.

Sono amici dal manto di seta, sono figli che mai tradiscono le mie parole. Le loro orecchie sentono i miei sussurri e le loro bocche non mi sgridano mai.

 

Se fossi una di loro, con il cuore leggero e il corpo sanato, sarei un'aquila dagli artigli potenti e dal becco forte. Per poter volare molto in alto e vivere sulle cime.



L'amore

«Diego, mio bel bambino

L'aria che circola nelle mie vene ha l'odore della tua pelle.

Soffiata nel mio cuore, ne scandisce i battiti. Ho seguito i movimenti delle tue mani. Ho voluto dipingere la mia immagine. Mi sono persa.

Bianco.

Le piogge hanno cancellato gli strati che mascheravano le ruvidezze della nostra felicità. Il sole accentua il pallore della mia pelle. Il mio sguardo si schiarisce.

« Coglierò minuscoli fiori, tanti da formare un piccolo giardino sul tuo cuore, color terra umida. »

Rosso.

La linfa dell'albero scorre tranquilla. Tra le sue mani, la buganvillea rifiorisce.



La morte

L'ombra sopra di me procura alla terra una triste frescura. Costringo i miei occhi a vedere colori che si fanno cangianti senza perdere il loro splendore. Lontano dalle risa e dai pianti, aspetto senza paura la barca che mi porterà di là. L'acqua è calma. Il temporale tuona.

Viola. Verde. Arancione.

La festa s'illumina della tua pelle calda. Le tue arterie mi premono in fondo alla pancia.

 

Ho paura.

« Non posso vivere senza il mio bel bimbo. »



La maternità

Il bocciolo che cresceva in me è avvizzito, privato di vita da questo guscio deforme.

 

Eppure lo desideravo tanto. Non diventerà mai un alberello verde e tenero. I petali si staccano, volteggiano un momento poi ricadono sull'humus arido. La rugiada impregna il suolo ma non può renderlo fecondo. La notte si abbatte sul mio paesaggio.

 

Nero. La luce ha lasciato la stanza. I colori scuri si scuriscono ancora e acquistano un senso profondo. Distesa, immagino una lucciola che illumina di un verde brillante un brandello di vita.

Ci vedo una speranza: scorgere il mio riflesso o quello del mio amore. Ma la notte è fitta e il sonno si fa pesante.

 

I sogni evaporano. Li seguo, li urlo, credo in loro. A poco a poco la mia tavolozza si adorna di giallo e di blu. La tela si ricopre dei mali che danno corpo alle illusioni perdute.



La colonna spezzata

Sospesa, resto immobile.

Lo sguardo è vago, lo spirito forte, la mia colonna è spezzata.

Bianco. A poco a poco una corazza impermeabile si è cristallizzata sul mio corpo di vetro.

Mentre ogni vertebra mi opprime, « cerco di non trasformarmi  in tanti piccoli singhiozzi ».

 

Con ampie pennellate ho profanato questa gabbia che mi tiene prigioniera. 

« Murare la sofferenza è correre il rischio che ti divori dall'interno. »

La brama echeggia nella foresta muta.

Con un grido trionfale, le forme e le campiture che dipingo mi liberano. Sincere, senza menzogna. Il velo si alza.

 

Il bambino infermo e sventurato si nasconde sempre in fondo a me. Deluso. I suoi occhi mi scrutano. La mia vita non è quella che aveva immaginato. Mai una statua può danzare.

L'amarezza delle mie ferite ha corroso i fili dei marionettisti.

Ho fatto delle mie crepe una forza. In fin dei conti «perché mai dovrei volere i piedi, se ho le ali per volare? »



La posterità

« Sentire nel mio proprio dolore il dolore di tutti quelli che soffrono e attingere il coraggio dalla necessità di vivere e lottare anche per loro. »

 

L'aria che mi mantiene in vita conserva il gusto amaro della menzogna. Inspiro ed espiro ciò che ha trasformato la piccola zoppa Frida. Al momento della morte, toglierò i belletti che hanno dissimulato i miei dolori e nascosto le mie pene. La purezza e la bellezza finalmente si sveleranno.

 

Prenderò posto in uno scrigno di seta, liberando i colori che hanno dipinto la mia immagine.

Offrendo al mondo ciò che mi pareva giusto.

Affidando al ricordo l'essenza del mio essere.



« Non dimenticatemi. »